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SPIGOLATURE: Il Bambinello

Scritto da Francesco M.T.Tarantino il 6 gennaio 2012
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Dopo esserci recati ai vari presepi ed esserci commossi al canto di:

“Tu scendi dalle stelle o Re del cielo
 e vieni in una grotta al freddo e al gelo”,

abbiamo seppellito il bambinello dimenticandoci di lui che sostanzialmente era una statuina la quale senza il contorno delle luminarie può rimanere in soffitta fino al prossimo natal-panettone.

 Fra le tante statuine c’erano anche i cosiddetti Re Magi dei quali il Vangelo di Matteo al cap.2, verso 1-2; narra:

“Gesù era nato in Betlemme di Giudea, all’epoca del re Erode. Dei magi d’Oriente arrivarono a Gerusalemme dicendo: ‹‹Dov’è il re dei Giudei che è nato? Poiché noi abbiamo visto la sua stella in Oriente e siamo venuti per adorarlo››.

 I “Magi” (il termine di derivazione greca vuol dire ‹‹magico››), erano degli uomini saggi, dei sapienti provenienti dall’Est, forse sacerdoti che si dedicavano allo studio degli astri, che partirono inseguendo una stella per raggiungere il luogo dove sarebbe nato il Messia per “adorarlo”.

 Ecco, degli astrologi, di paesi lontani, che non sapevano nulla della profezia scritta nel libro di Michea al cap.5, verso 1; che dice:

“Ma da te, o Betlemme, Efrata, piccola per essere fra le migliaia di Giuda, da te uscirà colui che sarà dominatore in Israele, le cui origini risalgono ai tempi antichi, ai giorni eterni”.

 Ora, al di là del presepe, dell’iconografia, della festa e quant’altro; proviamo a vedere chi è, effettivamente, questo bambino di cui narrano i Vangeli.

 Il suo nome è Gesù che, come attesta il Vangelo di Matteo, cap. 1, verso 21; significa Salvatore:

“Ella partorirà un figlio, e tu gli porrai nome Gesù, perché è lui che salverà il suo popolo dai loro peccati”.

 (Gesù:in greco Iesoú, dall’ebraico Yeshua’, forma posteriore di Yehoshua’che equivale a Geova salva. Da notare: Geova corrisponde alla vocalizzazione del Tetragramma YHWH, ossia il nome di Dio che per eccesso di zelo non veniva pronunciato).

Accanto al nome Gesù troviamo “Cristo”, dall’ebraico mašiah, cioè “messia”, “unto”; un uomo incaricato da Dio di svolgere un compito ben preciso. Dai Vangeli apprendiamo che Gesù Cristo è il Figlio unigenito di Dio; Dio stesso incarnatosi mediante una vergine: Maria di Nazareth. Gesù Cristo infatti è identificato col titolo di nazareno, ossia Gesù di Nazareth.   

In Gesù di Nazareth, storicamente accertato anche da fonti extracristiane come Giuseppe Flavio, Tacito, Svetonio e Plinio il giovane, viene identificato  il Cristo, colui che la fede confessa come il Cristo di Dio, l’Unto, l’Inviato definitivo che Dio ha mandato nel mondo.

Ma ciò che a noi interessa non è tanto la figura storica di Gesù Cristo, quanto la sua dimensione teologica, il significante di tutta la teologia cristiana che fa di Lui il fondamento non solo del messaggio ma dell’intera proposta di Via, Verità e Vita che Egli stesso afferma nel Vangelo di Giovanni al cap.14, verso 6:

“Gesù gli disse: ‹‹Io sono la via, la verità e la vita; nessuno viene al Padre se non per mezzo di me››”.

Questo è ciò che ci riguarda di Gesù, di quel bambino nato a Betlemme che abbiamo celebrato e chissà se, come i Magi, lo abbiamo riconosciuto!

L’intero popolo d’Israele attendeva il Messia ma non lo riconobbe!

 Bisogna essere in sintonia con Dio per riconoscere il suo Inviato; come Simeone e Anna di cui ci parla il Vangelo di Luca, cap.2, versi 25-32:

“Vi era in Gerusalemme un uomo di nome Simeone; quest’uomo era giusto e timorato di Dio, e aspettava la consolazione d’Israele; lo Spirito Santo era sopra di lui; e gli era stato rivelato che non sarebbe morto prima di aver visto il Cristo del Signora. Egli, mosso dallo Spirito, andò nel tempio; e, come i genitori vi portarono il bambino Gesù per adempiere a suo riguardo le prescrizioni della legge, lo prese in braccio, e benedisse Dio, dicendo: ‹‹Ora, o mio Signore, tu lasci andare in pace il tuo servo, secondo la tua parola; perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, che hai preparata dinanzi a tutti i popoli per essere luce da illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele››.

Più avanti lo stesso Vangelo ai versi 36-38, parla della profetessa Anna:

“Vi era anche Anna, profetessa, figlia di Fanuel, della tribù di Aser. Era molto avanti negli anni: dopo essere vissuta con il marito sette anni dalla sua verginità, era rimasta vedova e aveva raggiunto gli ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio e serviva Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quella stessa ora, anche lei lodava Dio e parlava del bambino a tutti quelli che aspettavano la redenzione di Gerusalemme”.

Due figure del popolo d’Israele che, in costante sintonia con Dio, riconobbero quel bambino come il Salvatore del mondo; come i Magi, i quali, nonostante fossero stranieri, il loro cuore puro li portò alla casa dove giaceva il bambino e:

“Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra”.

(Cfr. il Vangelo di Matteo, cap.2, verso 11).

Altre statuine che tradizionalmente affollano il presepe (anch’esse seppellite in soffitto), rappresentano i pastori, quelli che pascolano le pecore e di notte le vegliano; a costoro un angelo del Signore portò l’annuncio della Buona Novella.

Leggiamo il Vangelo di Luca , cap.2, versi 8-14

“In quella stessa regione c’erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore. L’angelo disse loro: ‹‹Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore. E questo vi servirà di segno: troverete un bambino avvolto in fasce e coricato in una mangiatoia››. E a un tratto vi fu con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‹‹Gloria a Dio nei luoghi altissimi, e pace in terra agli uomini ch’egli gradisce!››”.

Ecco, a noi interessa quel Gesù la cui nascita venne annunciata agli umili, a dei poveri pastori, e non tramite un banditore ma addirittura da un esercito celeste; dagli angeli che augurarono loro la pace perché erano graditi al Signore, che stava nei cieli ma che veniva sulla terra a condividere la loro fatica, la loro condizione di emarginati, di reietti, di ultimi. Ci vorrà, nei secoli, la sensibilità di un Francesco d’Assisi, che farà chiamare i suoi fratelli “minori”, e un altro Francesco, quello di Paola,  chiamerà i fratelli del suo ordine “minimi”. Altro che tonache delle gerarchie vaticane e monsignori, arcipreti, diaconi e presbiteri vari affaccendati nella cura del loro orticello, per gestire la loro fettina di potere presso gli adepti, da spendere poi, a più alti livelli, per un avanzamento di carriera e, spesso, per trenta denari. (Papa Luciani, quello che lo fu per soli trentadue giorni, disse a costoro:

‹‹Mi avevano insegnato a credere in un Dio “Uno e Trino”, ma non in un Dio “Quattrino”››).   

In quel bambinello vogliamo celebrare quel Gesù che da Nazareth si recò sulle rive del fiume Giordano per essere battezzato da Giovanni Battista, il quale, essendo in ottima sintonia col Signore Iddio, non ebbe nessuna difficoltà a riconoscere il Figlio Suo, tant’è che nel Vangelo di Matteo al cap.3, versi 14-17, viene narrato l’avvenimento come segue:

“Gesù, appena fu battezzato, salì fuori dall’acqua; ed ecco i cieli si aprirono ed egli vide lo Spirito di Dio scendere come una colomba e venire su di lui. Ed una voce dai cieli che disse: ‹‹Questo è il mio diletto Figlio, nel quale mi sono compiaciuto››.

Avrà senso guardare il bambinello se in esso riusciamo a vedere quel Gesù che chiamerà quei quattro” straccioni” di pescatori che non esiteranno a seguirlo. Quel Gesù delle beatitudini; colui che dirà:

“Beati i poveri in spirito, perché di loro è il regno dei cieli.

Beati quelli che sono afflitti, perché saranno consolati.

Beati i mansueti, perché erediteranno la terra.

Beati quelli che sono affamati e assetati di giustizia, perché saranno saziati.

Beati i misericordiosi, perché a loro misericordia sarà fatta.

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio.

Beati quelli che si adoperano per la pace, perché saranno chiamati figli di Dio.

Beati i perseguitati per motivo di giustizia, perché di loro è il regno dei cieli.

Beati voi, quando vi insulteranno e vi perseguiteranno e, mentendo, diranno contro di voi ogni sorta di male per causa mia.

Rallegratevi e giubilate, perché il vostro premio è grande nei cieli; poiché così hanno perseguitato i profeti che sono stati prima di voi”.

(Cfr. il Vangelo di Matteo al cap.5, versi 3-12).

In quel bambino bisogna saper vedere colui che allevierà le sofferenze di storpi, ciechi, paralitici, lebbrosi e oppressi; che sfamerà migliaia di persone; che premierà con segni miracolosi coloro che mostreranno fede in Lui; colui che adempirà la legge ma nello stesso tempo ci libererà dalla legge.

Il Gesù bambino che ci intenerisce il cuore, come ogni bambino che ci mostrano in televisione, malato, ferito, mutilato, affamato, denutrito, coperto di mosche… è lo stesso Gesù che vivrà tra gli oppressi, gli emarginati, i lebbrosi. Il Gesù che oggi starebbe coi migranti, con i clandestini, con gli operai in cassa integrazione, coi disoccupati, coi pensionati da fame, coi drogati, con le prostitute, coi malati di AIDS, coi ladri di polli e di mele, coi diseredati, con gli indignati, con quei quattro “straccioni” di preti che spendono la vita a raccattare tossici, puttane, ubriachi e barboni.

Il Gesù che accoglierebbe a braccia aperte gli esuli, i migranti, i clandestini e i rifugiati politici di ogni razza, popolo e colore. Lo stesso Gesù che un tempo scacciava i mercanti dal tempio e che oggi scaccerebbe coloro che come “sepolcri imbiancati” strumentalizzano le sue parole e trafficano con il potere più bieco e arrogante (vedi i vari Formigoni, i Lupi, i Sacconi, i Bertone, i Bagnasco, i Crociata, i Fisichella, i vari Don Verzè e il nascente gruppo dei cattolici impegnati in politica).

Dio ce ne liberi!

Il bambin Gesù è il Gesù di Nazareth che sarà respinto dai romani e dai suoi correligionari ebrei che non avevano nessuna simpatia per Lui, perché per le autorità ebraiche il suo insegnamento rappresentava una minaccia alla loro posizione di privilegio e autorevolezza conquistata presso i romani; a loro volta  i romani diffidavano di Lui per il fraintendimento del suo insegnamento sul Regno e per la popolarità di cui godeva tra i contadini irrequieti per le troppe tasse a cui erano soggetti. Infatti Ponzio Pilato non avrà nessuna ragione per difendere l’innocenza dalle accuse che gli ebrei gli muovevano; (e se ne lavò le mani).

Quella statuina seminuda, tra Maria e Giuseppe con il contorno del “bue” e l’asinello, è già il Gesù del Padre Nostro che insegnerà agli apostoli e a noi tutti come pregare e cosa chiedere, come rivolgerci al Padre celeste chiamandolo Abbà: Papà!

Nel bambinello bisogna saper vedere il Gesù del Golgota, il Gesù che viene messo a morte fuori della città di Gerusalemme, tra altri malfattori; Gesù il nazareno crocefisso e sbeffeggiato dagli astanti ai quali va il suo perdono e perdona anche chi, in extremis, si pente e crede in Lui: al cosiddetto buon ladrone, a cui dirà: ‹‹Oggi tu sarai con me in paradiso››; leggiamo l’episodio nel Vangelo di Luca al cap.23, versi 42-43:

“E diceva  (il ladrone): ‹‹Gesù,ricordati di me quando entrerai nel tuo regno!›› Gesù gli disse: ‹‹Io ti dico in verità che oggi tu sarai con me in paradiso››”. (Un inciso: chissà perché un ladro era buono e l’altro cattivo; i Vangeli parlano di due malfattori, due ladroni di pari “dignità”. Si fa per dire!).

Quel bambino è quel Gesù che mina le nostre coscienze e il nostro quieto vivere, che non vuole un natale una volta all’anno, ma un natale permanente.   

È il Gesù storico, quello di Nazareth, che per noi credenti è Gesù il Cristo; il Gesù della storia che ai nostri occhi è il Cristo della fede.

In un recente viaggio in Etiopia, io e il mio amico Francesco Aronne abbiamo avuto modo di vedere, non uno ma, tanti bambinelli, senza le scarpine e senza vestiti, accanto alle loro capanne di fango e paglia, con le mosche sui loro occhietti e sulle loro testoline; non c’era da commuoversi ma da piangere! Ci stringevano le mani e non ci lasciavano andare. Ci siamo sentiti impotenti, e abbiamo meditato su Gesù bambino che da adulto ci dirà:

“‹‹Ebbi fame e mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere; fui straniero e mi accoglieste; fui nudo e mi vestiste; fui ammalato e mi visitaste; fui in prigione e veniste a trovarmi››. Allora i giusti gli risponderanno: ‹‹Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto? O nudo e ti abbiamo vestito? Quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?›› E il re risponderà loro: ‹‹In verità vi dico che in quanto lo avete fatto a uno di questi miei minimi fratelli, l’avete fatto a me››”.

(Cfr. il Vangelo di Matteo cap.25, versi 35-40).

Ben venga il bambinello se riusciamo a vederlo  nei tanti bambinelli sparsi per il mondo  che nascono, come Lui, nell’indigenza, tra la fame e la miseria, con il probabile destino che vengano sbranati dalle iene. È terribile ma è proprio così!

Gesù bambino va guardato in Gesù Cristo adulto che con il suo insegnamento indica se stesso quale unica strada possibile da percorrere, se vogliamo dirci cristiani.

Il Gesù della natività è il Gesù della trasfigurazione e della resurrezione: il Gesù della salvezza.

Gesù Cristo autenticamente uomo e autenticamente Dio che partecipa alla storia degli uomini e pur morendo come ogni uomo, risorge dalla morte lasciandoci in eredità la possibilità di risorgere anche noi e raggiungerlo in un Regno eterno fatto di pace, di incorruttibilità e immortalità.

Nell’intanto godiamo del dono che ci ha fatto facendoci assaporare la libertà e meditiamo sulla sua parola che possiamo leggere nel Vangelo di Giovanni cap.8, verso 32:

“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”.