Non exiguum temporis habemus sed multum perdidimus… Ita est: non accipimus brevem vitam sed fecimus… exigua pars est vitae qua vivimus.Ceterum quidem omne spatium non vita sed tempus est. Le tre citazioni tratte dal De brevitate vitae del filosofo Seneca testimone dell’angoscia umana del tempo, sono il compendio dello scorrere della nostra vita odierna. Il senso della precarietà della vita, vissuta dal filosofo in balia del potere imperiale, è presente in molte sue opere alle quali appartengono metafore scontate come il fiume e meno scontate come il punto e l’abisso, concetto poi ripreso da Agostino(Vastitas profundi diventerà Grande profundum est ipse homo). Non è mia intenzione scrivere un testo per specialisti e amanti del latino, la lingua viva nelle radici del nostro discorrere quotidiano. Piuttosto preferisco soffermarmi su due concetti che appaiono anche oggi di grande attualità e che non mi inducono al pentimento per aver “costretto” i miei allievi a dedicare mesi allo studio di Seneca. Gli occupati e il sapiens: categorie che si contrappongono scegliendo tra quantità e qualità del tempo. Importa quanto bene vivi e non quanto a lungo- scriveva il filosofo-, accentuando la diversità tra chi soffocato dall’ambizione si lascia travolgere dagli impegni raggiungendo mete che arricchiscono l’avere senza nessun interesse per l’essere. C’è una grande differenza tra il vivere a lungo ed essere al mondo a lungo perché per tanti è il futuro che conta e mai il presente come occasione per realizzare la perfezione della vita morale, base dell’esistenza.
Il poeta Francesco Tarantino in una sua lirica intitolata “Tempi” scrive:
L’altro inganno è il sodalizio del tempo
quando pensi che il tempo
possa darti altro tempo
e conclude
Chi semina non sempre è chi raccoglie
e il tempo inganna e non s’arrende.
Il poeta vive il tempo come inganno che promette e toglie; per sottolinearne l’immagine poetica e commentare questo testo usai la frase della prima lettera di Seneca a Lucilio” Omnia… aliena sunt, tempus tantum nostrum est”. Anche Seneca quando consiglia a Lucilio di vivere il presente non esclude che in quel presente possa esserci passato e futuro, cioè il fluire del tempo, quindi il tempo non è soltanto ma scorre. Se il tempo ci inganna , è bene vivere solo il presente senza rimandare al domani, chi semina non sa se raccoglierà- scrive il poeta- se pensi che il tempo possa darti altro tempo vivi una falsa attesa; si modifica il senso del tempo se nell’atemporalità del presente confluiscono il passato e il futuro, solo in questa dimensione psichica tempus tantum nostrum est. Nella prospettiva del filosofo il concetto di presente senza futuro è molto più cupo, è un presente che non dà spazio alla speranza. Chi non spera e non desidera è libero dalle grandi angosce e può vivere un giorno come se fosse un secolo “inter brevius et longius tempus nihil interesse iudicat”. L’atemporalità è negazione del fluire del tempo, quasi il tempo fosse immobile e statico e non potesse esserci che il qui e ora. Carpe diem o l’attimo fuggente non è forse l’dea di vivere il proprio tempo senza prospettive per il domani? Da dove nasce l’ansia di tanti giovani alla ricerca di un futuro che non c’è e non ci sarà ? Non è forse un modo di fermare il tempo il desiderio di ricorrere alla cancellazione delle rughe che raccontano la nostra storia, fissando la vita a un giorno come in una fotografia? Il modo errato di intendere il presente della nostra civiltà è quello di arrestare il tempo, di vivere senza storia, se si cancellano i segni del processo temporale, si cancella un prima e un dopo e l’immagine fissa e immobile racconta l’inganno del modo di intenderne la durata che sembra accelerare quando andiamo avanti negli anni. La percezione del tempo è soggettiva: se ci si diverte passa velocemente, se si è in pericolo o ammalati anche pochi secondi possono sembrare un secolo; è creata da vari fattori come la memoria, la concentrazione e le emozioni e il viaggiare sull’asse temporale avanti e indietro nasce dalla sensazioni che le radici del tempo siano lontanissime e perdute in un infinito spazio. L’esperienza di questo fluire secondo le neuroscienze è creata dalla nostra mente come dimostrano tanti esperimenti eseguiti, quindi non è un’illusione ma una creazione della mente che lo determina come percezione soggettiva in momenti e modi diversi della nostra vita. E’ vero: possiamo calcolare un istante in millesimi di secondi ma il nostro tempo mentale o interiore dato dai ritmi del nostro corpo è ben diverso; il passaggio dall’ora solare all’ora legale e viceversa disorienta perché scombussola i ritmi di un orario “artificiale a cui ci si abitua. Eppure noi viviamo in un mondo dominato dall’ossessione del tempo. Gli orologi non sono solo al nostro polso ma sui cellulari, sul computer si vedono di notte a cristalli luminosi sulle torri e sui palazzi e non perdere tempo è la frase più diffusa che ripetiamo ogni giorno guardando il suo scorrere con ansia, senza una ragione apparente. Gli antichi ci hanno insegnato che festina lente è il modo migliore di vivere la nostra esistenza e Italo Calvino ci raccontava che la rapidità è il contraltare della lentezza nelle “Lezioni americane”.
La misteriosa flessibilità del tempo lo rende affascinante e non è possibile farne a meno, se si vuole mantenere una relazione sociale o se vogliamo comunicare tra noi. Nel Medioevo i monaci benedettini seguivano il suono delle campane a intervalli regolari per ottenere il risultato di una routine condivisa e anche noi creiamo schemi temporali che cancelliamo e sostituiamo secondo le abitudini . Lo sanno bene le insegnanti che cambiano orario ogni anno e non ricordano assolutamente quello dell’anno precedente. E’ evidente che la nostra cultura, il luogo dove viviamo e le stagioni sono fattori che influenzano il nostro vivere: sembra banale ribadirlo ma ci sono tempi diversi per luoghi e culture diversi. Agostino diceva di sapere cosa fosse il tempo ma di non saperlo spiegare perché è per noi una continua sorpresa; a dimostrazione appunto che è soggettivo e spesso una falsità della nostra mente. E’ forse proprio questo il suo fascino che non ci fa avvertire la pesantezza del processo temporale, veloce o lento spesso dipende dalle nostre sensazioni, dalle nostre impressioni e questo ci fa pensare che ne siamo padroni e possiamo dominarlo. Ma è proprio così?
Concludo la mia riflessione con questo interrogativo sospeso nello spazio vuoto di un tempo immaginato come nostro.