FARONOTIZIE.IT - Anno III - n° 27, Luglio -Agosto 2008
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SENZA REGOLE
Editoriale del
Senza regole, o troppe regole, il risultato non cambia : ciascuno fa quello che più gli aggrada, senza tener conto degli altri.
Una società che si priva di regole è destinata all’estinzione, per naturale implosione.
Così come una società che tenta di disciplinare minuziosamente ogni umano comportamento.
Trovare un punto di equilibrio non è certamente semplice, ma non sembra –però- che ci si preoccupi più di tanto.
In nome della libera concorrenza si è arrivati a concepire situazioni il cui esito è di vera e propria comicità.
Tolte le regole che disciplinavano l’apertura di un esercizio commerciale, si è assistito –e si assiste- al proliferare di negozietti uno accanto all’altro, in posti dove era già difficile che un solo esercizio assicurasse un reddito dignitoso ad un unico commerciante.
Nel giro di qualche mese inevitabilmente chiuderanno tutti, e i consumatori dovranno macinare chilometri per rivolgersi alla grande distribuzione.
Tolti gli ultimi controlli su compagnie telefoniche, istituti di credito e compagnie di assicurazioni, sempre in nome di questa evanescente dea capace di risolvere tutti i problemi dell’Umanità e che risponde al nome di “libera concorrenza”, vale la pena verificare se i consumatori ne hanno avuto qualche beneficio.
I costi bancari sono schizzati in alto come non mai e si è giunti al punto che bisogna pagare le banche perché ci custodiscano i nostre danari, che poi ci possono prestare a tassi quasi da “cravattari”.
Le compagnie di assicurazioni, il più delle volte controllate dalle banche e/o intrallazzate con chi in politica comanda, applicano le tariffe che meglio credono ed operano in regime di assoluta “oscurità”.
In alcuni casi, come quello dei mutui bancari garantiti obbligatoriamente da una copertura assicurativa, sicché tu puoi cambiare banca con il mutuo, ma resti obbligato nel pagamento del premio assicurativo, pena la corresponsione di una sonora penale per estinzione anticipata, che lor signori chiamano con pudicizia “caricamenti”, si rasenta il codice penale….
Le compagnie telefoniche hanno escogitato un tale numero di offerte e controfferte che se c’è qualcuno in Italia capace di distinguere la migliore e più conveniente per il consumatore rispetto a quella che –sotto diverso nome- offrono le altre compagnie, sono pronto a segnalarlo alla commissione per il Premio Nobel.
Ma, il massimo della “deregulation” è stato raggiunto con il prezzo dei carburanti.
“Liberalizziamo il prezzo della benzina, così i petrolieri si faranno concorrenza tra loro e gli automobilisti non potranno che beneficiarne”
Chi non ricorda questa litania in TV e sui giornali di solo qualche anno fa?
Abbiamo visto i risultati.
La speculazione si è scatenata sui mercati mondiali (i grandi speculatori ciclicamente scelgono prodotti sui quali accanirsi per far scendere o aumentare i prezzi, vuoi che sia la soia, l’argento, l’oro, il riso o lo zucchero o il petrolio o altro) guadagnando montagne di soldi.
Chi questi prodotti li gestisce, in assenza di regole, non si fa certo sfuggire l’occasione per sommare profitti a profitti.
I Governi stanno a guardare, o discutono di letteratura per i ragazzi, e l’economia frena, ristagna, con prospettive per lo sviluppo e la crescita drammaticamente preoccupanti.
Alla pericolosa incapacità dei governanti, quasi per una sorta di reazione, si passa alla sponda opposta, cioè di regolare, normare ogni cosa.
In questo modo si assiste all’imposizione del calibro delle ciliegie, alla lunghezza delle sardine sott’olio, al metodo di conservazione del lardo di Colonnata…
A quando il colore delle mutande da fare indossare alle ultime scimmie negli zoo?
Mentre qualcuno, con i soldi che ha incassato dalla speculazione sulla benzina che abbiamo appena messo nel serbatoio della nostra auto, in qualche parte nel mondo sta bevendo champagne da 5000 euro la bottiglia….
LE PRESIDENZIALI USA VISTE DALL’ITALIA
di Emanuela Medoro
Barack Obama e la raccolta di fondi per la campagna elettorale
I più recenti interventi firmati da Barack Obama, candidato del Partito Democratico alle prossime elezioni presidenziali USA, o da David Plouffe, direttore della sua campagna elettorale, presentano ripetutamente l’espressione broken system, riferito all’attuale sistema politico americano ed alla politica di Washington. Vari sono i significati per l’aggettivo broken: rotto, danneggiato, rovinato, ferito, indebolito da malattie. Dalla lettura dell’intero testo, dedicato all’organizzazione della campagna elettorale, l’equivalente italiano di quella frase è “sistema politico rovinato”. Ad esempio e sostegno di questa definizione del sistema politico sono citati John McCain, candidato del Partito Repubblicano, ed il presidente uscente G.W. Bush. Apprendiamo da queste note che John McCain, il Republican National Committee ed i loro alleati organizzati in 527 gruppi, raccolgono e spendono contributi illimitati, usano questo sistema rovinato per raccogliere la maggior quantità di danaro possibile. Ed hanno effettivamente raccolto e speso cifre stellari.
In risposta a tutto questo, Barack Obama ed il suo gruppo di sostenitori e consiglieri, hanno preso una decisione nuova, senza precedenti: rinunciare al danaro pubblico, ovvero a quello proveniente dalle tasche dei contribuenti per la campagna elettorale, e rivolgersi, invece, soltanto a sostenitori e simpatizzanti. Questa decisione aggiunge una caratteristica particolare a quello che finora è stato soltanto un movimento di base a sostegno della candidatura di Obama e lo fa diventare un movimento per l’indipendenza da un sistema politico logoro e corrotto. Lo slogan in inglese dice: “Independence from a broken system”, seguito da un invito ai sostenitori: sostieni la prima elezione presidenziale veramente fondata sulla gente. Per ora fissano un certo obiettivo per la raccolta di fondi entro la storica data del 4 luglio, giorno che ricorda e celebra la dichiarazione d’indipendenza americana dalla corona inglese.
I sostenitori e simpatizzanti ricevono una promessa solenne: “As a president I will work to fit this broken system” (Come presidente lavorerò per mettere a posto, riparare, questo sistema rovinato). Mancano in questi testi indicazioni o elenchi di provvedimenti specifici per raggiungere lo scopo. Dunque, finora siamo solo al fortissimo impatto emotivo delle parole, dell’oratoria che promette un rinnovamento ed un cambiamento
possibile, Change, yes, we can, particolarmente forte in zone poco popolate, come North Dakota, Montana ed Alaska, luoghi dimenticati da sempre, che solo ora acquistano cruciale importanza, a causa della presenza di questo movimento di base a favore di Barack Obama.
Si ha l’impressione che il fenomeno Obama per ora sia un bell’esempio di politica spettacolo, tutta fondata sull’incantesimo di parole che promettono cambiamenti radicali del sistema a gente da sempre estranea ad ogni partecipazione politica e che per la prima volta sta vivendo questa
esperienza. Politica spettacolo fondata anche sull’aspetto dei protagonisti, da stelle di Hollywood. Ambedue, lui e sua moglie Michelle, esibiscono linea invidiabile, da top model, testa alta e sorriso accattivante, stile impeccabile, disinvolto, linee sobrie nel vestire, colori tenui, sfumature e non contrasti. Donatella Versace, in una recente intervista, ha dichiarato che le piacerebbe tanto vestire Barack Obama.
Novembre è ancora lontano. Vincerà la politica delle emozioni, delle belle parole, degli slogan, della promessa di cambiamenti radicali, del coinvolgimento nella politica di gente finora ad essa estranea? O invece vincerà la politica più tradizionale, quella dei provvedimenti elencati con cura, materia per materia, che promettono sicurezza, prosperità e cambiamenti nel rispetto della tradizione? Solo qualche mese di pazienza per la risposta.
ENERGIA E AMBIENTE
NELLE PROPOSTE DI JOHN MCCAIN
di Emanuela Medoro
Le proposte di JohnMcCain su fonti di energia ed ambiente partono da una constatazione semplicissima: la sicurezza e la prosperità futura degli USA dipendono dalle scelte del prossimo presidente, scelte difficili, poiché devono porre fine alla dipendenza da fonti di energia straniere.
Per questo scopo le proposte sono state organizzate in un progetto chiamato Progetto Lexington, dal nome della città dove gli americani per la prima volta affermarono la loro indipendenza. Questo progetto ha come simbolo una serie di cinque cerchietti, all’interno di ciascuno di essi un disegno: l’atomo, una torre eolica, delle foglie, il sole ed un barile di petrolio, e prevede una serie di provvedimenti e proposte su queste materie di grande attualità, di non facile comprensione per non addetti ai lavori. Riporto per sommi capi i punti essenziali.
Secondo questo progetto l’impegno prioritario del candidato repubblicano John McCain è quello di espandere la ricerca e la produzione interna di petrolio e gas naturale, per diminuire la dipendenza dall’estero, aumentare la domanda interna e ridurre il deficit commerciale, 41% del quale è dovuto all’importazione di petrolio.
Sempre
per ridurre la dipendenza dal petrolio straniero, un altro passo importante
è la riforma del settore trasporti. Il primo punto di questa riforma è
Per
affermare la leadership americana nel mondo di un’ economia verde il progetto
Lexington prevede di investire risorse per la ricerca su fonti di energia
pulite, non solo per il mercato interno, ma anche per l’esportazione di tecnologie
nuove verso mercati esteri come
Infine, lo stesso progetto prevede di costruire 45 nuovi impianti ad energia nucleare entro il 2030, con l’obiettivo finale di costruirne 100. Secondo McCain, l’energia nucleare è una sperimentata fonte di energia a zero emissioni ( in inglese questa frase è: nuclear power is a proven, zero-emission source of energy) .
Per la protezione dell’ambiente ed il controllo dei cambiamenti climatici, il progetto Lexington programma la graduale riduzione delle emissioni nocive che producono l’effetto serra. Riporto solo gli obiettivi più vicini, quello del 2012, che prevede il ritorno delle emissioni ai valori del 2005,
e quello del 2020, che prevede valori di emissioni pari a quelli del 1990. Per raggiungere questi obiettivi ci sono premi alle aziende, imprenditori ed ambientalisti che riescono a ridurre le emissioni nocive.
Sembra dunque che in questo caso non si tratta di buoni propositi, ma di progetti e proposte realizzabili, gli elettori in questo caso sanno bene per che cosa votano. Aspettiamo le controproposte da parte democratica.
IL LUNGO VIAGGIO VERSO
di Emanuela Medoro
Pochi mesi fa Hillary Rodham Clinton, tantissimi anni di vita politica attiva nel partito democratico americano, senatrice per lo Stato di New York, sembrava la candidata certa del suo partito alle prossime elezioni presidenziali americane.
Ma la prima vittoria di Barack Obama, quella in Nord Carolina, con una grandissima maggioranza ottenuta col voto di neri che per la prima volta nella loro storia si sono recati alle urne, provocò qualche lacrimuccia di Hillary in pubblico. Allora lei chiese il voto alle donne. Poi c’è stata una gara all’ultimo voto fra i due contendenti, lei ha avuto tanti voti di donne ed uomini, ed ha vinto in Stati a maggioranza bianca. Non sono bastati, e la gara con Barack Obama si è recentemente conclusa con la sua definitiva sconfitta.
Vale la pena fermarsi un po’ a riflettere sull’ultima vicenda politica di questa donna, nata nel 1947, coraggiosa e determinata, tra i primi avvocati d’America, scaltra e navigata in politica come poche altre. Con un discorso, il 7 giugno, ha tirato le somme della sua più recente esperienza politica ed ha ringraziato i suoi sostenitori e sostenitrici. Ha citato, in particolare, i nomi di alcune di queste donne, giovani e meno giovani, dalla ragazzina di 13 anni alla donna di 88 che, nata quando il voto delle donne ancora non esisteva, l’ha votata in una casa di riposo, mentre era in fin di vita; ha ricordato anche la donna che le ha afferrato la mano e le ha detto piangendo: “Che volete fare per darmi l’assicurazione malattie? Ho tre lavori e non posso permettermi di pagare l’assicurazione”.
Gente invisibile per il presidente degli ultimi sette anni, secondo lei. Rivolgendosi a tutti costoro, ha ricordato che lei è entrata in questa gara per una sua vecchia convinzione: che il servizio pubblico deve aiutare la gente a risolvere i problemi . Ed anche a realizzare sogni. Una battaglia questa da continuare, ora, insieme a Barack Obama. Segue un elenco di mete da perseguire e raggiungere insieme, un abbozzo di programma elettorale:
1. Un’economia che dia a tutti l’opportunità di lavorare e che il lavoro sia retribuito in modo da provvedere agli studi dei figli, alla casa ed alla pensione, un’economia che assicuri una prosperità largamente diffusa e condivisa.
2. Sistema sanitario che garantisca cure a tutti, di alta qualità, con spese sostenibili. Una battaglia da continuare fino a che ogni americano sarà assicurato, senza eccezioni e senza scuse.
3. Difesa dei diritti civili, dei diritti sul lavoro, delle donne, di tutti per porre fine ad ogni forma di discriminazione. Fornire ogni forma di aiuto alle famiglie.
4. Porre fine alla guerra in Iraq ed affermare la leadership americana con la forza dei valori piuttosto che con quella delle armi, per affrontare povertà, genocidi e terrorismi.
In attesa che questi buoni propositi divengano proposte di provvedimenti concreti, riporto un’ultima osservazione di Hillary, rilevante per il cammino
delle donne e per l’integrazione razziale: “Il punto centrale di questa competizione è che io e Obama abbiamo dato una risposta positiva a due
domande che spesso ci venivano poste: “Può una donna essere comandante in capo degli USA? Può un afro americano essere presidente?” (…) Comunque vadano le cose, il Senatore Obama ed io, insieme, rappresentiamo una pietra miliare per il progresso della democrazia americana (…) non sono più accettabili limiti di sesso o pregiudizi razziali nel ventunesimo secolo”.
Una
breve riflessione per concludere. La corsa verso
Ombra particolarmente pesante, un macigno, nell’America che, appena quattro secoli fa, ebbe i Puritani come padri fondatori.
di Nicola Perrelli
Possedere una casa propria è il sogno di tutti, in particolare delle famiglie.
Lo strumento più utilizzato per realizzare questo sogno è il mutuo. Stime recenti confermano infatti che quasi un milione di italiani , nel solo 2007, ne ha stipulato uno per acquistare un immobile.
Ma qual è il mutuo giusto?
Per l’utente medio orientarsi nella selva dei finanziamenti immobiliari offerti da banche, poste e finanziarie varie, non è facile. Un prestito ipotecario è un prodotto complesso che impone di fare scelte che impegnano per molti anni, a volte anche per tre o più decenni. Gli elementi da prendere in considerazione e da valutare preventivamente sono diversi. Da quelli strettamente personali, come il tipo di contratto o la durata, a quelli di carattere generale, come l’andamento dei mercati o la politica monetaria.
Il passo più importante è sicuramente la scelta del tasso, tra fisso e variabile. Nel primo caso, già in partenza, si sceglie di pagare un interesse maggiore, in genere da mezzo punto ad un punto in più. Con la sicurezza però che per tutto il periodo di ammortamento la rata non subirà variazioni, né in diminuzione, né in aumento, a prescindere dall’andamento dell’Euribor (tasso medio delle transazioni finanziarie in Euro).
Chi opta invece per la seconda soluzione, a fronte di un tasso di interesse più vantaggioso, si assume un rischio in più, quello generico legato all’oscillazione dei tassi. Se questi scendono la rata si adeguerà al ribasso, ma se salgono per il mutuatario sono dolori, come ben sanno coloro che hanno effettuato questa scelta negli ultimi anni.
C’è poi l’opzione a tasso misto, che da la facoltà di cambiare, generalmente a scadenze programmate, il tipo di tasso, da variabile a fisso o altra possibilità.
Un’altra alternativa è quella del contratto tipo collar, che presenta la caratteristica di avere un tasso di ingresso fisso e successivamente un tasso variabile con un valore minimo e massimo predeterminati al momento della stipula del contratto. E’ questa una modalità che permette
di cogliere le opportunità offerte dal tasso variabile e nello stesso tempo
tutela dalle possibili impennate dei mercati finanziari, avendo la certezza che il tasso non supererà mai la misura massima prestabilita contrattualmente.
Infine c’è la anche possibilità di scegliere un mutuo con il piano di ammortamento per cosi dire “elastico”, con il quale, alla variazione del tasso di interesse, a variare non è l’importo della rata, bensì il periodo di rimborso, che si allunga o si accorcia in funzione delle oscillazioni
intervenute. Questa soluzione è indicata per tutti coloro che sono interessati a coniugare la stabilità dell’importo della rata del mutuo con i vantaggi di un finanziamento a tasso variabile.
Una volta individuata la formula più adatta alle proprie esigenze , occorre valutare bene l’incidenza della rata del mutuo rispetto alle entrate
personali o familiari. Senza trascurare di valutare attentamente tutti gli altri costi abbinati al mutuo: spese di istruttoria, di incasso, di polizze assicurative, notarili, ipotecarie e fiscali.
Un suggerimento finale: prima di firmare è bene analizzare con attenzione tutte le clausole del contratto di mutuo. Le sorprese non mancano mai, e potrebbero trasformare il sogno in un incubo.
SULLE TRACCE DEL CAVALIERE AZZURRO
di Paola Cerana
Chissà perché tutte le persone a me più care vivono parecchio lontano dalla mia città. Questo spiega, forse, la mia dipendenza dalla comunicazione informatica e soprattutto le mie bollette telefoniche, normalmente stratosferiche.
Tra di esse la mia amica d’infanzia Ga. Anni fa, dopo una breve vacanza estiva in Baviera, si è innamorata non solo della Germania ma anche di un bell’esemplare di Germanico che, ahimè, l’ha sottratta definitivamente ai nostri sogni di eterne adolescenti a caccia di avventure.
Da allora Ga vive a Murnau, una ridente località dell’alta Baviera, che con le sue dolci colline e i suoi romantici laghi, si offre come oasi di pace e riposo al turista esasperato dal serpente d’auto che normalmente lo accompagna fin qui lungo il Passo del Brennero.
Murnau è piccola ma vivace come la sua gente, che ti accoglie con un sorridente grüßgott, pur non avendoti mai visto prima. Del resto gli abitanti sono abituati ai turisti, attratti dall’Oktoberfest, puntuale ogni settembre, ma soprattutto dall’atmosfera particolare che natura, arte e cultura insieme evocano. A soli sessanta chilometri da Monaco, qui si respira l’aria leggera delle Prealpi bavaresi, che si specchiano nelle acque dello Staffelsee, un grande lago interrotto qua e là da alcuni isolotti su cui pascolano beate mucche e vitelli.
Ho visto Murnau d’estate, un tappeto di granoturco e girasoli, in mezzo al verde dei prati che si srotolano giù dalle cime sempre imbiancate. D’autunno, con il suo nostalgico ingiallire all’aroma della legna arsa nei camini, dopo la consueta visita benaugurale dello spazzacamino. In inverno, con uno Staffelsee che si veste d’azzurro e si maschera da gigantesca pista di pattinaggio su ghiaccio, coccolato tutt’attorno da cascate di neve. E in primavera, nel suo dolce sbocciare di fiori, un invito per tutti a scrollarsi di dosso i brividi dei mesi freddi per crogiolarsi al primo timido sole, come lucertole pigre risvegliate improvvisamente alla vita.
Non mi meraviglia che un simile paesaggio abbia ispirato artisti come Wassilly Kandinsky, Gabriel Münter e Ödön von Horváth, che scelsero di vivere alcuni anni proprio qui, tra le braccia di quella musa ispiratrice, straordinaria e insostituibile, che è la natura.
“Kandinsky
vide questa casa e se ne innamorò: la devi comprare per quando saremo vecchi.
Così io la comprai e fu la nostra casa fino al 1914 quando lui tornò in Russia”.
Così scrive nel
suo diario Gabriel Münter, pittrice e compagna di Kandinsky, riferendosi a
quella casa,
che oggi è un museo in miniatura. Già durante la loro prima visita, nell’estate del 1908, Murnau stimolò la fantasia dei due pittori, fino a farli innamorare. E, guardando certi scorci con i loro occhi, anch’io capisco perché abbiano trovato qui il luogo ideale per le loro escursioni di pittura a cielo aperto.
Quest’anno Murnau celebra il centenario 1908/2008 “Kandinsky, Münter, Jawlensky, Werefkin scoprono Murnau” e propone a turisti e cittadini un fitto programma di mostre e manifestazioni dedicate al movimento artistico del Cavaliere Azzurro, fondato a Monaco nel 1911 .
Auf die Spuren des Blauen Reiters, sulle tracce del Cavaliere Azzurro, gli amanti dell’arte espressionista avranno la possibilità non solo di ammirare i capolavori su tela ma anche di immergersi realmente in quelle atmosfere che hanno ispirato i pittori.
Durante tutto quest’anno hanno avuto e avranno luogo molti eventi culturali – dalla Notte dell’Arte, alla Mostra di Pittura su vetro, al Grenzenlos, il festival musicale internazionale - eventi che animano la città sull’incantevole sfondo di fiabeschi castelli e misteriosi monasteri medievali.
Naturalmente
anche il corpo merita il suo cibo. E Murnau, con le sue tipiche locande in
legno dai balconcini fioriti e i “giardini della birra” sparsi un po’ ovunque
sulle sponde dei laghi, offre un goloso assaggio della cucina bavarese. A
compensare il carattere robusto dei piatti locali – Kartoffelnsalat e Knödel
sono tra i più leggeri – ci pensano le passeggiate digestive e corroboranti
lungo i sentieri che attraversano tutta
Insomma, è impossibile annoiarsi qui e anche una sosta spensierata nel centro della piccola Murnau non lascia indifferenti. Si ha la sensazione di trovarsi di fronte a una gemma di architettura barocca, guardando il campanile a bulbo della chiesa di San Nicola, che con la sua storia domina sull’allegra mondanità di ristorantini, boutiques e caffè.
Le tradizioni qui resistono, creando una mescolanza spesso divertente con la modernità, come l’abitudine di indossare quegli abiti tradizionali – il Drindl e i Lederhose – dal sapore un po’ bucolico, che ben si addicono all’aria gaudente e rubiconda della gente del posto.
L’ultima mia visita a Murnau risale ormai a due anni fa ma, a dir la verità, ciò che più mi manca è la compagnia della mia dolce amica, che con il suo sorriso e la sua simpatia ha aggiunto un pizzico di colore a questa città, offrendo a tutti un motivo in più per venirla a visitare.
Chissà mai che, sulle tracce del Cavaliere Azzurro, non siate così fortunati da incontrare anche voi la bella principessa Ga!
MIKE
di Francesco M.T. Tarantino
Un’infanzia legata al balcone di casa
In un paese non tuo e senza famiglia
Aspettando la sera che tua madre rincasa
La minestra e una lacrima ti bagna le ciglia
Adolescenza negata e un vivere rintanato
Per accumulare denaro e tornare al paese
Non era tua quella vita da cane bastonato
Crescevi con rabbia e diventavi scortese
Non c’erano padri né madri né santi
Soltanto covavi uno scappare col vento
Senza voltarti indietro guardavi in avanti
Su quel treno che si prende in un momento
In un continuo fuggire tra fiori ed essenze
Hai incontrato un amore che ti bacia la fronte
E con lei ed amici hai compensato le assenze
Di carezze remote all’hotel “sotto il ponte”
Poi un bambino, il tuo, ti riportò a casa
Fra le braccia bugiarde di madre e di padre
Cadeste vittime di incomprensione inevasa
E le vostre mani vennero chiamate ladre
Non aveste conforto se non in uno spino
Tra la fame e un bambino che piangeva
Neanche l’odore di un bicchiere di vino
Ancora una fuga in un mondo che rideva
E il tuo andare finì a soli trentacinque anni
Ti raccolsero in un posto che non sapevamo
Han saputo parlare soltanto dei tuoi danni
Ma con nessuno di noi che ti conoscevamo
Non mi sento assolto e non voglio esserlo
Voglio piangerti come fratello maggiore
Ci manchi molto ti preghiamo di crederlo
E asciuga queste nostre lacrime di dolore
LA RADICE
di Marilena Rodica Chiretu
La
terra dei grani, dei colli e dei fiumi,
arrotonda il pane nel cesto dei frutti,
la lacrima dell’ acqua cancella il dolore,
in casa fa caldo, tra le fiamme la stufa
riscalda l’albero fiorito nelle mani.
Sospira il passero nel bosco spogliato
dalle foglie avvolte nei perduti colori
della stagione che passa e viene
nei passi ingannevoli della primavera.
Un nido è triste, un’altro allegro,
non tutti gli uccelli se ne vanno via,
rimane il canto degli usignoli,
il volo audace delle rondinelle.
Sul tronco agghiacciato il muschio è verde,
gli sguardi vestono gli alberi umidi
del gioco bianco degli stessi fiocchi,
chiamano a casa gli occhi erranti
a guardar la finestra della bella stagione.
Le valli s’ agitano nella bufera,
ma i monti cantano tra gli alti abeti,
le spine verdi non mordono le mani,
i rami dondolano le ricche chiome;
non muore il bosco nelle notti invernali,
la linfa nutre sempre gli alberi
nei giorni della calda radice...
RADACINA
Pamantul granelor, al dealurilor si al raurilor,
rotunjeste painea in cosul fructelor.
lacrima apei sterge durerea,
in casa e cald, printre flacari soba
incalzeste pomul inflorit in maini.
Suspina vrabia in padurea dezbracata
de frunzele invaluite in pierdutele culori
ale anotimpului care trece si vine
in pasii inselatori ai primaverii.
Un cuib e trist, un altul e vesel,
nu au plecat pasarile toate,
ramane cantul privighetorii,
zborul indraznet al randunelelor.
Pe trunchiul inghetat muschiul e verde,
privirile imbraca copacii umezi
in jocul alb al acelorasi fulgi de nea,
chiama acasa ochii rataciti
sa priveasca fereastra verii.
Vaile se agita in vifor,
dar muntii canta printre brazi,
spinii verzi nu musca mainile,
crengile isi leagana coama bogata;
nu moare padurea in noptile invernale,
seva hraneste copacii
in zilele caldei radacini...
di Gió Maltese
Anti-Sonetto dedicato ai naufraghi d’un XXI secolo post-marxista il 14 giugno 2008
Provo a seguire quelle orme beate
Di chi paga con la vita per aver detto il vero
Inciampando e ferito percorro il sentiero
Pestato da voglie e feticci, colpe e fate.
Mi rialzo e barcollo avanzando a tastoni
Ubriaco d’ansia riprovo a camminare
Scorgo Elia e Mosè in stoico disputare
E dopo le nuvole, sento rimproveri e tuoni.
Ma la voce di chi m’ama, non mi spaventa
Mi avvolge di pioggia e di risurrezione
Ogni volta che con successo il demonio mi tenta.
In quel trasudare del cosmo sento i tuoi passi
Vengo accolto dai morti festeggianti la pasqua
E incompreso da tutti depongo i miei sassi.
di Tiziana Sarno
Ricordo ancora il mio esame di maturità come se fosse ieri: studiavo insieme ad un’amica che ormai, purtroppo, non sento che nelle occasioni importanti e di questo mi rammarico.
Studiavamo divertendoci italiano e fisica: bellissime materie come eccezionali erano i nostri “prof” cui invio un affettuoso saluto.
La prima prova Italiano: ci trovò tutti abbastanza preparati per cui i nostri voti sono stati tutti più che sufficienti.
In classe c’era la mia amica, “la lainara”, la più brava di tutti e della quale tutti erano ( non io ) un po’ invidiosi.
La lainara, appunto di Laino Borgo, in realtà era la mia migliore amica, sono mezzosangue anch’io: madre lainese e padre mormannese, ma non per quello ero sua amica; lo ero e lo sono perché mi affascinava la sua tenacia nello studio, la sua perseveranza, la sua capacità di stare ore e ore sui libri con curiosità, e poi gli splendidi risultati che riusciva a raggiungere. Le menti belle e perseveranti mi affascinano perché vedo quello che potenzialmente ognuno di noi, che persevera con costanza, può riuscire ad ottenere.
Ritorniamo alla prova di matematica: la nostra posizione era strategica, le più brave ( ovvio che le più brave fossero ragazze ) in prima fila per poter permettere lo scambio – assolutamente vietato - di informazioni e permettere anche ai compagni dell’ultima fila - meno portati - di arrivare alla soluzione dei quesiti.
Il risultato fu quasi un disastro perché purtroppo le informazioni non riuscirono a passare e, ovviamente, la “non amatissima” più brava della classe (che per anni aveva fatto le versioni di latino per tutti ) fu tacciata di egoismo, cattiveria ecc.ecc.
Finimmo, per fortuna, comunque tutti il nostro esame in bellezza : non ci furono bocciati, ci fu un 60 /60 ed io presi solo tre voti in meno del massimo.
La mia grande soddisfazione fu quella con il prof . Romano che alla fine delle prove di maturità mi disse: “Brava Sa’ (leggi Sarno) ce l’hai fatta!!!”.
Fui l’unica sua alunna che lo gratificò iscrivendosi alla facoltà Matematica!
“CUPALLE” –
di Elena Bebeshina
Con l’arrivo di luglio si avvicina la festa popolare che si chiama Ivan Cupala (“Cupalle” in Bielorusso) e che si festeggia nei paesini e città Bielorusse la sera del sei luglio. Questa festa mistica e misteriosa e allo stesso tempo gioiosa e’ antica, ha origine pagana e prima fu festeggiata dai molti popoli slavi nella notte sul sette luglio in onore del sole e la forza vivificante della terra.
In mattino del sei luglio tutte le ragazze e le donne andavano nei campi a raccogliere le erbe salutiferi. Si credevano che solo in questo giorno le erbe hanno le più virtù medicinali. Le erbe venivano essiccate e conservate. Durante la raccolta si cantava.
Più vicino alla sera cominciava
Le ragazze non ancora sposate strologavano sul suo destino futuro. Per farlo calavano le sue corone sulle superficie di una fiume con delle candele nell’interno e osservavano le candele e le corone. Se la corona navigava lungo il fiume, credevano che la sua detentrice si sarebbe sposata in futuro. Altrimenti se la corona andava a fondo, significava che il suo promesso non la amava più e non si sarebbero sposati. Se la corona arrivava alla riva, la sua detentrice non si sarebbe sposata mai.
Quanto riguarda le candele, credevano che la quale candela sarebbe stata l’ultima di spegnersi, avrebbe vissuto la vita lunga-lunga.
Le leggende dicono che in questa notte i pianti e gli animali conversano, gli
alberi si spostano e le erbe si riempiono con le virtù miracolose. Gli antenati
credevano che solo in questa notte a mezzanotte in punto si può fiorire
Più tardi i giovani incontravano l’alba, facendo un bagno nella fiume oppure passando con i piedi nudi sulla rugiada.
Molti tradizioni descritti si sono conservati fino ai nostri giorni, e nei paesini e nelle citta' Bielorusse il sei luglio si può vedere la gente partecipare in girotondi e i salti sopra i falò, le ragazze con le corone.
UN’AFFETTUOSISSIMA LETTERA
di Paola Cerana
Qualche settimana fa ho ricevuto un’email in risposta ad una mia. Cominciava così: “Gentilissima Paola, come testimonia questa mia lettera a volte i desideri si possono realizzare. La ringrazio per la sua affettuosissima lettera … “ e proseguiva con altre semplici ma intense parole, poche righe sufficienti a commuovermi ed eccitarmi insieme. Perché tanto entusiasmo? Perché questa lettera si concludeva così: “La saluto e le auguro buon lavoro, firmato Andrea Camilleri”.
Andrea
Camilleri! Giuro che non ci speravo. Avevo seguito una sua intervista televisiva
la sera prima e trascinata dall’emozione che il suo modo di parlare e di scrivere
sempre mi anima, d’istinto ho inviato una email alla sua casa editrice,
Sapevo dell’amore–odio che Camilleri nutre per la comunicazione informatica eppure a volte, come in questo caso, la tecnologia può diventare la bacchetta magica per far sì che alcuni desideri si avverino. A dirla tutta, ero anche al corrente della sua passione per le donne Svedesi e non appartenendo io alla categoria sentivo di partire già svantaggiata, sicura quindi di passare inosservata tra le sue tante fans.
Invece mi ha risposto!
E’ uno degli autori che più amo. Perché mi fa vivere i suoi romanzi. Non ne ho perso uno: da “Il corso delle cose” alla “Bolla di componenda”, da “Il birraio di Preston” al “La presa di Maccallè”. Per non parlare di tutti i vari Montalbano. Conosco il Commissario come se fosse il vicino della porta accanto. Ho partecipato a tutte le sue avventure e disavventure. Ho condiviso le sue passioni e le sue umane contraddizioni: l’imbarazzo davanti al fascino di una bella donna, il coraggio di fronte al rischio, la solidarietà verso i compagni di squadra, l’allergia nei confronti della burocrazia, le sciarratine continue ed estenuanti con l’eterna fidanzata Livia e la nostalgia amara del tempo che passa. Ho intuito il suo inguaribile tormento: quell’esigenza di franchezza, di integrità, di sentirsi d’accordo con la sua coscienza prima ancora che con la giustizia, che troppo spesso giusta non è. Ho anche imparato qualche espressione colorita del dialetto di Vigata, così suggestivo da trasformare ogni pagina in un sipario aperto su una Sicilia passionale e tormentata.
E mi sono ingolosita come lui a tavola, davanti a un piatto di triglie fritte, o al profumo di quegli arancini che mi ha persino insegnato a cucinare, dopo aver letto “Gli arancini di Montalbano”.
Insomma, molti scrittori sanno fare bene il loro mestiere se davvero lo amano ma non tutti hanno il dono di coinvolgere ed emozionare, regalare un sorriso e commuovere, far desiderare che quell’ultimo romanzo non finisca e che il prossimo stia già prendendo vita. Camilleri ha questo dono. E per fortuna è uno scrittore molto generoso perché la sua produzione letteraria è fittissima, inesauribile come la sua fantasia.
Perciò vorrei ringraziarlo di nuovo qui, chissà mai che non legga e veda anche lui Faronotizie! Lo ringrazio per i suoi libri innanzitutto e poi per aver esaudito un mio desiderio.
Ah, se fossi stata una bella Svedese! Non mi sarei limitata a ringraziarlo ma gli avrei chiesto di incontrarlo di persona così forse, in un colpo solo, avrei ottenuto il suo invito e allo stesso tempo avrei reso più felice mio marito!
JUHANNUS,
di Marjatta Kulla
L’articolo è stato lasciato così come scritto, per precisa scelta editoriale, per dare modo al lettore di
apprezzare tutta la genuinità del pensiero dell'estensore che si sforza di scrivere nella nostra lingua.
Juhannus, Mittumaari in finlandese, Midsommar in svedese e San Giovanni in italiano,
é una festa più grande dell’estate, la festa più notevole subito dopo il Natale.
Capita in giugno il 24 quando ci sono i giorni più luminosi dell´anno in Nord , é il solstizio d’estate.
Nella Finlandia centrale il sole prende un pisolino ma a Lapponia rimane sopra l’orizzonte per tempo.
La festa é piena di luce, natura verde, profumi dei fiori, canto degli uccelli e gioia del periodo più caldo, pure il tempo può fare capricci ma...comunque é il culmine dell’estate.
La gente si affolla sulle coste di riva, laghi, fiumi e alle pista di ballo e numerosi musica festival ed altri eventi minori come un faló. La luce eccessivo del sole si mette a fare delle cose buffe e chi
vorrebbe dormire in estate. Dormiamo in inverno!
Si festeggia due giorni in successione, si fa la sauna, si nuota, si fa barbecue, si beve birra, si balla e ci si diverte tanto come fosse unico giorno estivo.
E ognuno capisce come possono essere conseguenze di questa festa.
Tutta
Tanta gente in giro con macchina, moto, roulotte , barca a vela, barca a remi ecc.
Ma una più bella conseguenza si capita in marzo prossimo, quando il reparto di maternità si affollano dei nuovi finlandesi ed io penso di essere una di quelli, un frutto di San Giovanni.
IL CASTELLO DI SAN PIETRO IN CERRO
di Piero Valdiserra
Sul confine con le province di Parma e Cremona, appena dentro il territorio piacentino, si staglia lo splendido Casello di San Pietro in Cerro. La sua storia pluricentenaria ci porta nel cuore del XV secolo.
Nel 1466 Bianca Maria Visconti, vedova del Duca Francesco Sforza, investì del Feudo di San Pietro l’importante famiglia piacentina dei Barattieri. Al giureconsulto Bartolomeo Barattieri, amante del luogo, si deve la fondazione dell’edificio, sui resti di uno più antico, nel 1491. Nei secoli il Castello non ha mai subito sostanziali modifiche, e offre oggi una fedele e preziosa testimonianza di dimora gentilizia quattrocentesca. Disposto su un impianto rettangolare da cui emergono il mastio d’ingresso e due torrioni rotondi collocati a difesa del lato nord, esso appare estremamente austero e compatto, mentre all’interno si apre un’elegante corte quadrata a doppio ordine di arcate dal delicato disegno. Danno respiro alla costruzione ampi spazi verdi, il parco alberato di 5mila metri quadrati in cui si snodano i sentieri originari e il prato, altrettanto vasto, che si apre a destra. Gli attuali proprietari, considerando l’arte un patrimonio di tutti, hanno restituito al complesso l’aspetto originario, perché chi ne voglia usufruire possa agevolmente conoscerne la storia e calarsi nell’atmosfera magica del passato.
A ulteriore conferma della passione per l’arte della famiglia Spaggiari, odierna proprietaria del complesso, nel sottotetto del Castello è stato allestito nel 2001 il Mim – Museum in Motion, una collezione di oltre quattrocento opere (quadri, sculture, disegni) di maestri contemporanei, italiani e stranieri, con una sezione dedicata ai pittori di Piacenza. Lo spazio museale, appositamente restaurato, si sviluppa lungo tutto il percorso tra le due torri, nell’antico camminamento di ronda e nel lungo granaio. Le opere sono esposte a rotazione – da qui il nome di Museum in Motion, cioè museo in movimento – e offrono una sintesi delle maggiori tendenze artistiche dal dopoguerra a oggi.
All’interno del parco che circonda il Castello sorge poi la suggestiva Locanda del Re Guerriero. Oltrepassato il maestoso viale di tigli che conduce al Castello, si giunge alla Locanda, un edificio di fondazione medievale documentato sulle carte topografiche a partire dai primi del XVIII secolo e ristrutturato
per
offrire ai visitatori un soggiorno raffinato ed esclusivo. Un tempo l’attuale
Locanda ospitava le scuderie con le abitazioni per i contadini e i cocchieri;
oggi, grazie a un’opera di sapiente recupero, i più moderni servizi alberghieri
sono stati perfettamente integrati con le bellezze storiche e naturalistiche
del luogo.
(Info: Locanda del Re Guerriero, Via Melchiorre Gioia 5, 29010 San Pietro in Cerro (PC)
tel. 0523 839056, fax 0523 255421
e-mail info@locandareguerriero.it, www.castellodisanpietro.it, www.castellodisanpietro.com).
PER VELA LO SCHERMO BIANCO DI UN CINEMA
di Martin Aiello
Quando in un paese si chiude l’unica alternativa ai tavolini di un bar
Da più di un anno il cinema di Mormanno riamane chiuso ai suoi cittadini. Ovviamente anche a quelli che per anni hanno atteso con impazienza la sua riapertura. Chiuso per molto tempo affinché venissero portati a termine lunghissimi lavori di restauro e manutenzione è stato riaperto al pubblico circa due anni fa ridando vita ad una meravigliosa cornice per gli sguardi e le parole dei personaggi più amati del cinema, che attraverso quella sala hanno gettato un occhio a questa piccola parte di mondo.
Gli amanti del cinema sanno che ogni film ha come una vita propria, un linguaggio, un’architettura unica. È proprio attraverso la scoperta di queste sfumature che si può essere introdotti in un viaggio, solcando i mari dell’arte, della suggestione. Issando per vela lo schermo bianco di una sala cinematografica. Nella cerimonia che due anni fa ha annunciato la riapertura del “Nuovo Cinestar” (in occasione della quale abbiamo potuto scoprire anche consistenti insufficienze nei lavori apportati – riscaldamento, scarsa visibilità di alcune zone della sala) è stato abilmente marcato un parallelo tra il “nostro” ed il cinematografo “Paradiso” di Giancaldo, paesino siciliano vascello dei primi sogni del piccolo Totò, protagonista del film di Giuseppe Tornatore, Nuovo Cinema Paradiso, appunto.
Uno arso dal fuoco, l’altro fiaccato dal tempo, ma entrambi luminoso frammento della storia di una comunità.
Suggestione e ricordi a parte, siamo tutti ben consapevoli dei problemi pratici che accompagnano un’attività complessa e rischiosa come quella del cinema. Il fitto delle pellicole è molto costoso e quando si pianifica un programma cinematografico non si è a conoscenza di quale sarà la risposta del pubblico.
Si sa, poi, che ormai il cinema non è più un mezzo di comunicazione di massa. Lo strapotere della televisione e le enormi potenzialità di internet hanno sensibilmente aggravato una situazione che andava peggiorando già da anni, facendo sì che ai botteghini ci fosse sempre meno fila. Questo significa, ovviamente, che è calato sensibilmente l’interesse per il cinema. E quando non c’è più interesse popolare smette di esserci un’attenzione politica su un servizio che non è considerato di primaria importanza. Tesi ragionevole, se si dimentica, però, che ogni forma di arte è nutrimento per la mente e stimolo per lo sviluppo morale, culturale ed estetico degli individui (specie dei giovani).
A questo occorre aggiungere una pigrizia ed una chiusura mentale suicida di noi mormannesi che preferiamo languire sui tavolini di un bar o peregrinare senza meta a bordo delle nostre automobili piuttosto che riunirci al cinema, luogo dove si possono ancora condividere sensazioni, percezioni attraverso cui saggiare anche le evoluzioni di una umanità. Una vera e propria esperienza di società.
Da tutte queste ragioni è ispirato il monito a non lasciare che per colpevole lassismo il “Nuovo Cinestar” faccia la stessa misera fine del cinema del film di Tornatore, chiuso e demolito per lasciare spazio ad un parcheggio. Non lasciamo che i ricordi e i sospiri che ci ha regalato quel meraviglioso luogo diventino i fantasmi gonfi di umidità che strisciano lungo le mura dei luoghi abbandonati.
MULTI QUIDEM BRUTI….
di Francesco Aronne
Multi quidem bruti et ignoti, corde sopiti,
nihil sibi praeponunt cognoscere; more
ferino
quaerunt quod rapiant aut quorum
sanguine vivant.
Dummodo laetentur saginati vivere porci,
ingerunt ut tumulum se pulchrum; dum
plaudent divitiis,
isti mutabuntur a paupera veste
fastidiis.
Molti invero abbrutiti, ignoranti, dal cervello istupidito,
non si propongono di conoscere niente;
alla maniera delle belve,
cercano qualcosa da rapinare o qualcuno
cui succhiare il sangue.
Pur di godersi la vita da porci ingrassati,
si mettono in mostra come un sepolcro
elegante; mentre applaudono le ricchezze,
facilmente si scostano con fastidio
da una povera veste.
Commodiano (Carmen, v v. 16-21)
Zero e uno, numeri magici che arruolati dal sistema binario hanno reso possibile quel tappeto di sogni e comunicazione che ad ogni latitudine è denominato Internet. La definizione più divertente ed efficace letta fino ad oggi di Internet, è certamente quella che dà Luciano De Crescenzo nel suo ultimo e gradevolissimo saggio “Il caffè sospeso” nel paragrafo “Aristippo ci insegna ad usare Internet” :”E’ un aggeggio apparentemente simile ad un televisore che sta muto ed immobile davanti a noi e che soddisfa ogni nostro bisogno di informazione. In altre parole, una specie di lampada di Aladino.” Un linguaggio ermetico e per certi aspetti esoterico, dietro le sue quinte, opera infaticabile rendendo possibile questo miracolo o semplicemente dono divino. Affidandosi ad una navigazione casuale spesso si rimane impigliati nelle varie reti-esca della rete che sono disseminate qua e la: il curioso internauta si lascia trasportare da pagine anonime, misteriose, blog, aforismi improvvisati o reali… perdita sistematica del senso del tempo, isolamento cibernetico con caratterizzazione asociale. Fruttuosi o infruttuosi irripetibili percorsi? Certamente e l’uno e l’altro… Si ripropongono alla mente i “percorsi narrativi combinatori” di Italo Calvino, per i quali provo tuttora consistente
ammirazione. Evidenziare la struttura della narrazione per incrementare la consapevolezza e l’interesse del lettore con artifici letterari originali.
Questo periodo letterario, certamente antesignano di questo aspetto di Internet, ha generato il racconto “Il castello dei destini incrociati” (1969) ed il romanzo “Le città invisibili” (1972). Senza alcun demerito del secondo, quello che più mi ha colpito è il primo poiché intrecciato con un altro tema che, sia pure con leggerezza, considero attraente: i Tarocchi.
Queste carte da gioco, i cui più antichi esemplari si dice siano stati commissionati dal duca di Milano, Filippo Maria Visconti (1412-1447), in virtù del loro contenuto sapienziale sono un punto di riferimento sostanziale per gli studiosi di esoterismo che vedono nei 22 Trionfi (altrimenti detti Arcani Maggiori), le tappe di un percorso d'iniziazione le cui oscure e mitiche origini vengono fatte risalire al dio egizio Toth.
Nel racconto citato, il castello-locanda in mezzo al bosco è teatro di un convito occasionale, che riunisce dame e cavalieri, guerrieri e viandanti, nella pausa di un faticoso viaggio. Per una ragione misteriosa, i convitati non riescono ad articolare parole, perciò tentano di esprimersi a gesti. A cena conclusa, il castellano-oste porta sulla tavola sparecchiata un mazzo di grandi tarocchi miniati, che i commensali scompigliano e dispongono in successione tale da suggerire le rispettive storie; i passaggi temporali vengono indicati da più file di carte e, giacché è possibile leggerle in tutte e quattro le direzioni, le sequenze si intersecano fino a formare un "quadrato magico". I fatti narrati occupano dimensioni simboliche, come il bosco-luogo di perdizione o il castello-sito di convegno e di scambio di conoscenze.
Abbandoniamo il racconto che merita ampiamente la lettura integrale e proviamo a cercare il castello-locanda nel nostro mondo attuale. Veramente tanti i percorsi possibili, metafora di Internet, ma non solo, anche e soprattutto vedute sul mondo reale. La complessità del mondo adeguatamente rappresentabile nei 22 Arcani Maggiori.
Scegliamo due carte simbolo, le prime due: il matto ed il bagatto. Il matto, contrassegnato da zero, sembra essere il Re del Mondo (attuale) riferito da René Guenon. La follia che incarna sembra essere la forza elettromotrice che muove il mondo. E stavolta limitiamo il nostro sguardo al mondo animale (unico Regno anche nostro!). Dalla Cina, antico impero di una sapienza ultramillenaria giungono le raccapriccianti notizie sulle fattorie della bile: in nome di una antica medicina vengono inflitte indicibili sofferenze agli orsi, che accecati dal dolore e disperazione si provocano gravi lesioni cercando l’autodistruzione. Leggiamo poi sul Corriere della Sera: le pellicce che fanno bella mostra di sè nelle boutique delle grandi città nascondono spesso una storia di sofferenze e di violenze contro gli animali che sono serviti per produrle. Animali non solo allevati e cresciuti con lo scopo di fornire materia prima all'industria delle pellicce. Ma sottoposti anche a crudeltà e sevizie. Milioni di cani e gatti vengono allevati in condizioni brutali e scuoiati vivi in Cina (in particolare nelle province di Shandong, Heilongjiang, Jilin, Hebei). Crudeltà gratuite ed inammissibili che proseguono con i massacri dei cuccioli di foca che a colpi di piccozza sulla testa vengono massacrati e scuoiati per la loro pelle da cacciatori senza scrupoli e senza anima, vili e codardi, incapaci di guardare un’altra creatura negli occhi. Il bianco candore della neve simbolo di purezza insozzato col rosso sangue simbolo di violenza e morte. Non caccia per la sopravvivenza, ma caccia per pellicce fatte da bestie per altre bestie, queste si entrambe vere bestie, dalle sembianze umane che ci fanno sentire tutto il peso di macigno dei versi di Commodiano da cui si è dipanata questa emissione.
E di orrore in orrore, si potrebbe continuare ancora per intere pagine!... Ripugnanze, crudeltà e violenze gratuite che insanguinano il pianeta e rompono il patto con la natura e con il suo Creatore.
Non necessità per la sopravvivenza, ma violenta e gratuita sopraffazione di menti chiuse e governanti consenzienti. E’ il segno dei tempi. Cecità, omertà, flebo sedative di pay-tv e veline hard-core sostenute e sponsorizzate dai regnanti….
La seconda carta è il bagatto, l’uno, che noi vogliamo immaginare come colui che ha disinvoltura con le arti magiche… Nell’epoca del dominio della follia, il Salvatore, il Taumaturgo, l’Unto, sempre più viene individuato nel Mago in colui cioè che dovrebbe riuscire dove altri hanno fallito con le sue collaudate arti magiche (!?!).
E’ il disagio di questi giorni, dove tutte le energie per risolvere i putrescenti problemi del Paese sono concentrate a salvare il Mago Salvatore da una miseranda e legittima fine… Escursioni extra-programma elettorale che richiedono urgenti misure legislative per far fronte alla proverbiale lentezza della giustizia italiana, queste si prodigiose magie! Nel fango affonda lo stivale dei maiali… E tanto più è inetto (e folle) il Taumaturgo tanto più il consenso (che è poi anche nonsenso)…. Consueti misteri dell’autoflagellazione italica.
Nel pio borgo, invece, flebili segnali di rinsavimento. Uno ad uno i pezzi frettolosamente rimossi nell’immediato dopo voto poiché identificati con il precedente corso amministrativo (il custode del cimitero e due tecnici comunali di cui uno locale), dopo varie ed infruttuose peripezie, sono stati richiamati alle loro mansioni, sostituendo di fatto i loro sostitutori. Evidentemente chi aveva stabilito in precedenza era stato oculato nelle scelte, e chi è venuto dopo, quantomeno avventato e frettoloso… A dire il vero qualche illustre pezzo manca all’appello, ma non credo che alcuno (anche i precedenti governanti) ne senta nostalgia.
Ed intanto, tra l’indifferenza e l’inerzia generale, nella zona del villaggio scolastico in un edificio che da lustri attende di essere ultimato, penzola da un’improvvisata forca, un cencio bianco che vuole simboleggiare un impiccato (fantasma, del Klu Klux Klan o altro? Chissà!).
Stupisce che nessuno abbia sentito il dovere di rimuovere questa farsesca, pericolosa (in una zona frequentata da minori) ed oscena rappresentanza della morte e magari indagare sui trucidi autori.
Arrivano notizie, dai paraggi della strada che porta ad Orsomarso, di uno scempio ambientale di notevoli dimensioni. Centinaia di piante tagliate senza alcuna autorizzazione, in piena area Parco.
Lo sconforto che assale il cittadino ed il messaggio che lo raggiunge da questi episodi è che nessun controllo o vigilanza vengono esercitati sul territorio nonostante le tante milizie operative. Ritorna forte la percezione della diffusa impunità.
Auspico un rapido risveglio da questo osceno e turpe sogno!
« L’inferno è già qui. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e che cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio » |
(Italo Calvino, Le città invisibili, 1972) |
FARONOTIZIE.IT - Anno III - n° 27, Luglio -Agosto 2008
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